MARVELIT presenta

Episodio 32 – Break-in! (American Grand Tour)

Di Valerio Pastore

 

 

Centro di Detenzione Minorile Sweetsage, Oklahoma. Sala Mensa.

 

L’ultimo posto dove Wyatt Wingfoot avrebbe creduto di lavorare era qui, tra tante anime perdute e tante anime innocenti fagocitate da un sistema legale impazzito. Sweetsage era una delle ‘banche’ preferite da quei giudici che, o erano talmente oberati di lavoro da sbrigare sommariamente le pratiche relative alla delinquenza minorile tra gli indiani americani, o erano talmente corrotti da vedere ogni processo come un conto corrente generosamente foraggiato dallo Stato –nonché come scalata politica.

Fosse come fosse, Wyatt si era sempre scoperto incapace di scalfire il sistema nel suo complesso. Quando eri un indiano, un vero figlio dell’America da prima ancora che un navigatore straniero le imponesse il proprio nome, gli occhi dei discendenti dei conquistatori erano puntati su di te. Non importa se credessi o no nella loro legge, dovevi seguirla minuziosamente. Anche se era scritta per lasciarti indietro…

Perdonami questi pensieri indegni!, si costrinse quasi a dirsi ad alta voce. Il passato era passato.

Ma era la prima volta che una persona a lui cara finiva in carcere—

“Terra a Wingfoot. Prepararsi a rientrare dall’orbita!”

*snap* la forchetta in plastica si spezzò in due. La metà che non restò in mano a Wyatt atterrò insieme ad un pezzo di arrosto nel purè del suo compagno di tavolo, dall’altro lato del tavolo.

L’agente afroamericano fece una faccia schifata, per poi pulirsi sommariamente la cravatta col tovagliolo. “Ah, eccheccavolo! Va bene che non sono vegetariano, piedone, ma che schifo! Spero che stessi pensando a qualcosa di bello, almeno!”

Wyatt abbozzò un sorriso, pensando in effetti a come avrebbe volentieri rotto ogni dente del Giudice Thompson, uno dei maggiori ‘correntisti’ di questa istituzione…

Thomas Skinner era come un nipote, per Wyatt; le loro famiglie vantavano un lungo legame, come tante altre famiglie nelle riserve. Tommy aveva 13 anni, ed era stato accusato di possesso di droga. Accusa pesante. E falsa. Prove fabbricate bene, che una giuria annoiata e un Procuratore frettoloso avevano preso per buone. Come da copione…

***

…Come da copione…

“Mi sembri teso. Pronto ad uccidere qualcuno. Mi piace.”

Wyatt non era esattamente un peso piuma, anzi, proprio il contrario. Eccelleva negli sport, e qualche spiritosone, anziché affibbiargli qualche nomignolo razzista, lo aveva chiamato ‘Sport Billy’. E anche fuori dal college non si era certo lasciato andare. E i suoi detrattori avevano presto imparato a non tartassarlo. I suoi amici gli avevano detto più di una volta che sarebbe stato un ottimo poliziotto…

Se così fosse stato, avrebbe perso il lavoro per gravi lesioni personali. A quelle parole, lanciò una velenosa occhiata di avvertimento all’uomo che…sedeva dall’altra parte del tavolo. O era davvero sovrappensiero, o quel tipo era silenzioso come una serpe. Forse entrambe le cose.

“Potrei uccidere te…avvocato.” Non lo conosceva, ma ne aveva tutto l’aspetto, come se fosse uscito da uno stampino dei trope sulla categoria. Completo ben stirato, ma economico. Aspetto curato, un accenno di sale e pepe, baffi sottili e perfetti. Età indefinita. E immancabile valigetta. “Perché non vai a cacciare qualche ambulanza?”

In risposta a quella domanda, un biglietto da visita scivolò sul tavolo: BILLY WALBERT – WALBERT & HAWKINS – ATTORNEYS AT LAW. Un biglietto di quelli che ti stampavi dal PC sui cartoncini riciclati.

Wyatt esaminò il biglietto, ma a quel punto, la collera era un rumore di sottofondo, mentre la ragione si faceva progressivamente largo nei suoi pensieri.

Di avvoltoi i pronto soccorso e i tribunali erano pieni. Avevano un fiuto speciale per i peggio disperati, pronti a sacrificare i loro ultimi risparmi in cause inutili. Ma erano avvoltoi untuosi, facevano subito appello alle emozioni, da bravi attori quali erano. Li guardavi, e tra le lacrime e la rabbia trovavi qualcuno che la pensava come te.

Questo Walbert…non era così. Niente falsa simpatia, niente strafottenza. Era sicuro di sé, e aveva avvicinato un potenziale cliente che poteva farlo a pezzi con una mano. Stava facendo il possibile per attirare l’attenzione sul proprio aspetto e le proprie movenze, per vedere se il potenziale cliente avesse la lucidità per vedere oltre il velo.

“I clienti migliori non sono le persone tristi, Sig. Wingfoot. Sono quelle arrabbiate. La rabbia sfuma, e dopo si può parlare. La tristezza porta alla depressione, e un cliente depresso non sarà mai collaborativo.”

Ma che diamine..? “Lei è veramente un avvocato?”

Walbert annuì impercettibilmente. Una cameriera servì loro dei panini burro di arachidi e marmellata, e due bicchieri di latte.

Walbert prese un morso dal suo panino. “Niente come solleticare i ricordi di gioventù per calmare la furia. Le mamme sono esseri saggi.”

Suo malgrado, Wyatt si trovò quasi a sorridere. Afferrò il panino e lo morse. Si sentì effettivamente un po’ meglio, ma gli occhi rimasero fissi su quello strano tipo.

“Sono un avvocato, Sig. Wingfoot. Un avvocato che vince. E che non ha paura di sporcarsi le mani. Oddio, credo che ruberò la marmellata di questo posto, mai assaggiata una migliore.”

Wyatt mandò giù un secondo boccone. “Gli avvocati che vincono non si nascondono dietro un aspetto da poco e ci vuole una lente d’ingrandimento per leggere tutti i nomi sul biglietto. E si sporcano le mani. Molto.”

Il sorriso di Walbert si accentuò. Se avesse tirato fuori le zanne, Wyatt non ne sarebbe rimasto sorpreso. “Dilettanti che pagano gli altri per il lavoro sporco.” Mise mano ad una tasca interna della giacca, e ne estrasse una chiavetta USB. “Sola lettura. Una volta sola. Per 90 secondi. Le basteranno per capire fino a che punto è esteso il racket degli arresti illegali. Niente che possa valere in una corte, naturalmente, ma sufficiente a convincere molte famiglie di diverse riserve a firmare un’esclusiva per una bella class action. Di quelle che faranno rotolare teste.”

Wyatt fece scivolare la chiavetta verso l’avvocato. “E io a che servo? Sono un altro nome della lista, e la mia famiglia non commette reati, neppure in nome—“

Walbert la ri-spinse verso il suo ‘cliente’. “Non per la class action. Ho bisogno di qualcuno all’interno del carcere. Che tenga d’occhio i figli dei miei clienti con una bella telecamera nascosta e che mi faccia rapporto regolarmente a fine turno.”

Wyatt non sapeva se ammirare quella sfrontata sincerità, o esserne preoccupato. “Prego?”

L’uomo era bravo, parlava con un tono abbastanza basso perché non gli si facesse caso in quell’ambiente ancora pieno di clienti e di suoni dalla TV. “Non sarà solo, ovviamente, ma non saprà chi sono i suoi…aiutanti. Alcuni di quei ragazzi saranno in pericolo appena depositerò la causa. Qualcuno potrebbe essere vittima di un ‘incidente’, o di un ‘malanno di stagione’…” Bevve un sorso di latte. “Dicono che questo nuovo virus uccida anche dei giovani. Terribile.”

Wyatt impallidì, ma non mostrò altro minimo segno della sua preoccupazione. Non alzò la voce. “E tutto questo per…delle mazzette sui processi? Non stiamo parlando del Maggia, per quanto sia una pratica disgustosa.”

La chiavetta si avvicinò ancora. “Dia un’occhiata ai nomi. E segua i soldi. Quelli veri.” Finì il suo latte e si alzò in piedi. “La chiamerò alle 21 precise. Linea sicura. Buona giornata.”

Linea..? Girò il biglietto da visita. Un numero di cellulare, scritto a mano. Sicuramente un usa-e-getta.

***

“Sei di nuovo in orbita?”

Wyatt lasciò cadere il moncone di plastica e si alzò in piedi. “Scusami. Giornate pesanti.”

“Dillo a me! Se continuiamo a fare i doppi turni per compensare la riduzione di staff senza un aumento, giuro che sciopero. E che mi mandino a ramazzare i cessi.”

Si diressero verso l’uscita, in un concerto di vassoi, posate e chiacchiere. “Io stasera faccio un doppio, Matt. Gli altri ci sono per un pokerino, dopo?”

Il collega rise e gli diede una pacca sulla spalla. “Ahh, il sangue rosso ribolle, eh, fratello? Lo sai che fine faranno i tuoi soldi, però. Che speranze credi di avere?”

Quella di vedere la tua faccia quando ci finirai tu in carcere. “Dai, venti dollari lasciatemeli vincere. L’acqua di fuoco costa!”

Questo causò un’altra risata.

---

Non stava ridendo, in compenso, un altro, recentissimo acquisto del carcere: William ‘Coyote’ Cash, intento su un banco da lavoro a rimettere in sesto degli apparecchi informatici talmente obsoleti che si sentiva vecchio solo a toccarli. “Va bene che sul curriculum ho detto che mi intendevo pure di PC, ma credevo di essere stato assunto come insegnante per l’officina, non come riparatore. Perché non lo arrestate, che almeno non lo pagate?”

“Protesta col sindacato,” fece la guardia che sedeva ad una minuscola scrivania in un angolo. Era sovrappeso, aveva la faccia di chi voleva essere altrove, e senza sollevare lo sguardo dalla rivista di parole crociate chiese, “Chi dovremmo arrestare?”

“Il Riparatore. Uno un po’ meno geniale di me.”

La battuta meritò un’occhiata bovina da astinenza di caffè. “Vuoi insegnare? Ripara quelli e poi comincia. A che punto sei?”

Coyote sospirò. “Con questo ne avrò sistemato la metà. Potrei fare degli straordinari e finire tutto stas—“

“Niente straordinari. Finisci questo e poi al tepee, mister.”

“Obbedisco grande capo.” In quella stanza c’era materiale a sufficienza per costruire un’arma letale. Coyote ne avrebbe volentieri sperimentato l’efficacia su quel maiale che si fingeva umano…ma doveva ‘sistemare’ i PC per la scuola –e qui aveva fatto tombola: libero accesso proprio a quel materiale e senza tante storie. Lui era solo un ‘Injun Joe’ temporaneo, misure di sicurezza inesistenti. Se dall’altra parte di quella telecamera vecchia quanto i Betamax ci fosse stato un tecnico informatico, lui si sarebbe trovato in una cella di massima sicurezza prima di potere dire ‘salvecomeva?’.

---

Tribunale Municipale di Oklahoma City

 

Il suo sguardo non smetteva di andare dalla figura svenuta, seduta scompostamente sulla poltrona, a quella in piedi avvolta da un costume tribale oro e nero, con un mantello di piume nere. Dalla guardia che fino a pochi minuti fa era entrata per ucciderlo, al metaumano che lo aveva salvato. Da una persona che credeva di conoscere all’enigmatico Corvo Nero.

Adrian Thompson si strofinò le tempie. Diamine, se aveva bisogno di un goccetto…e di essere molto altrove! “Sono un uomo morto. E se siete in combutta con quell’avvocato della malora, vincere una causa per corruzione non vi servirà a niente. Quei ragazzi sono morti.”

“A questo penseremo noi. Alla legge interessa la sua confessione.” La voce dell’eroe-sciamano Navajo era atona come quella del boia. “Sappiamo quali siano i ragazzi in pericolo, ma lo erano già, indipendentemente dall’inchiesta. Ora i tempi si sono solo accelerati. Ma non è meno importante che il circuito degli arresti facili finisca qui.”

Thompson fece tanto d’occhi. “Da quanto sapevate?!”

***

Per quanto ne sapeva, stava telefonando al suo boia. Per quanto ne sapeva, aveva infilato un bel malware nel proprio PC. Per quanto ne sapeva, ormai era in ballo e vai col tango!

La linea squillò tre volte dall’altra parte, prima che qualcuno rispondesse. Wyatt disse solo, “Ho letto.”

“E che recensione mi dà? Spero un bel cinque stelle.”

Wyatt aveva anche chiuso le tende. Era solo in casa, e guardava dal divano la porta d’ingresso –blindata a dovere, ma se arrivava un super-sicario avrebbe avuto qualche secondo per mettersi al sicuro nella panic room. I suoi super-amici non abitavano dietro l’angolo… “Anche dieci. Aveva ragione.” Lasciamo che a parlare sia lui, sicuramente ha preso più precauzioni di me.

Walbert sembrava avergli letto nel pensiero. “Settanta denunce in un arco di tempo risibile, assortite in modo da non puntare i riflettori su chi veniva rilasciato con una cauzione minima.”

Vale a dire, i titolari di proprietà immobiliari con annessi i migliori terreni petroliferi. “Roxxon?”

“Nah, quella è storia morta. Petroil Corps, una società quotata appena due mesi fa che puzza di prestanome, ma non sono riuscito a risalire ai suoi associati.” Prestanome abbastanza decisi da sbattere numerosi ragazzini innocenti dietro le sbarre per avere degli ostaggi pronti all’uso e ben sorvegliati. Questa gente giocava su un altro livello!

“Come ha avuto quelle informazioni?”

“Irrilevante, tanto non possono essere usate legittimamente in una corte, ma posso far pressione sulle famiglie degli ostaggi per aprire una class action: loro non sanno tutto. Diniego plausibile. Ma appena l’impianto comincerà a scricchiolare…”

Wyatt serrò il telefono. “Penso di sapere chi può aiutarci…”

***

“…La mia parte era il 10% sui ricavi calcolati da uno di quei pozzi, una volta andati a regime.” Adrian Thompson fece spallucce. “Magari mi stavano dando l’equivalente delle briciole, ma avrei potuto comprarmi una hacienda a Tierra Verde e mandare al diavolo il resto del mondo.” L’uomo spense il registratore, e lo mise sulla scrivania. “Ecco, ora anche la legge sa tutto. In cassaforte c’è tutto quello che serve per provare questa cospirazione. Il mio ultimo giorno, avrei messo tutto in valigia e sarei partito per la mia ultima vacanza. Ho sacrificato dei giovani innocenti per la bella vita. E al primo problema, i miei ‘benefattori’ stavano per eliminarmi…” sospirò. “Troverai in cassaforte anche il nome dei miei interlocutori, ammesso che siano identità rintracciabili. C’è altro che volete da me?”

Corvo Nero prese il telefono. “Che informi i federali.”

---

L’ignoranza era la migliore amica di un hacker.

Coyote Cash aveva avuto il permesso di portare dentro la sua ‘borsa di lavoro’, e le guardie si erano assicurate semplicemente che non contenesse armi o qualunque altro strumento che non riguardasse la riparazione di vecchi desktop. Per quanto ne sapessero di tale branca dell’artigianato. E infatti, si erano limitati a verificare che i pezzi di ricambio corrispondessero ad un elenco illustrato fornito dalla Direzione.

Senza sapere cosa contenessero a loro volta quei componenti.

Sul primo e sul terzo di quei pezzi di antiquariato, Coyote aveva fatto sfoggio di eseguire esattamente il compito assegnatogli per la classe di informatica.

Era sul secondo che aveva realizzato il proprio capolavoro: una potente workstation alimentata a batteria solare per entrare nel sistema del carcere, rubare mail, intercettare comunicazioni, ordini interni…qualunque e-traccia burocratica e privata a carico del carcere che ‘distrattamente’ sarebbe poi finita su ogni social, scatenando un putiferio virale che nessuna mazzetta avrebbe potuto soffocare. Sweetsage non era un’installazione segreta, non c’era l’ordine di imbavagliare tutto, sempre. Era inevitabile che qualcuno si vantasse via e-mail, via telefono, via quelchevuoi, di essere un arrogante intoccabile.

I microfoni ambientali dovevano essere messi un po’ ovunque. Qui invece avevi il grande fratello. Bastava solo…

---

Ufficio della Direzione

 

…un ripetitore vicino a un terminale.

Un ripetitore, nello specifico, posto sotto la sedia su cui Coyote si era seduto per il colloquio.

E in quel momento, la Direttrice stava leggendo un messaggio sul suo telefono.

E compose un numero interno.

---

“Carson. Ah, Direttrice, sì. Siamo io e Wingfoot…” la guardia di colore ascoltò annuendo. Espressione neutra. Terminò la conversazione dicendo, “Provvedo subito.” Appese la cornetta, e si alzò in piedi. “Ci vediamo tra poco, fratello. Una visita medica per un ospite.”

Wyatt fece una faccia. “Ehi, mica sarà quella roba che sta circolando dappertutto, vero?”

“Questo lo deciderà il segaossa,” rispose il collega. Senza mettersi la mascherina. Noncuranza, o aveva platealmente mentito?

Ma appena l’impianto comincerà a scricchiolare… Wyatt gli fece un cenno di saluto. “Divertiti.”

Chiusa la porta, il volto si fece cupo. Se tutto stava andando come previsto, a quest’ora di scricchiolii dovevano essercene parecchi. A questo punto cos’era? Una vendetta? No, dev’essere un ammonimento. Contano sul fatto che i supereroi non uccidono, che un segnale farà cessare qualunque altra iniziativa...

---

Infermeria del carcere, Blocco C

 

…Peccato che abbiano davvero fatto male i conti.

“Ehi, Doc, permesso? Skinner, qui, sta mica tanto bene.”

Il medico si alzò dalla scrivania. Vedendo la guardia che accompagnava un detenuto che, a colpo d’occhio, stava benissimo, si sentì innervosire. “Gli troverò un letto, Carson. Passa con comodo, che ho già un altro paziente indisposto.” Indicò con la testa la fila di letti, uno solo con la tendina tirata.

“La Direttrice dice che è urgente. Non eri stato avvertito?”

Era stato avvertito. Come ogni altra volta in cui poi si ripeteva che era l’ultima volta, che poi si sarebbe denunciato, che torturare dei ragazzini pur di non fare sapere dei propri trascorsi…

Il medico sospirò, e abbassò la voce. “Fammi almeno vedere se sta dormendo.” Dexter Crane lo preoccupava per davvero, però. Il ragazzo era praticamente catatonico, non fingeva. Durante la prima visita di valutazione, un’infermiera sbadata aveva spezzato l’ago nel braccio. Il sangue aveva zampillato allegramente, e in quei concitati momenti, Crane era stato immobile come la proverbiale statua di sale. Non c’era verso che finisse in cella, anzi!

Il medico aprì la tenda, aspettandosi alla peggio di trovare un paziente da sedare…

…e invece, un enorme braccio scaglioso lo afferrò per il bavero!

Carson e Skinner videro, ma non registrarono subito la colossale, mostruosa presenza che emerse dalla tendina, disfacendo ogni cosa intorno a sé.  Anche stando chino, con i suoi 11 metri di altezza la sua cresta spinata stava scavando nel soffitto rinforzato. I suoi piedi artigliati facevano tremare la stanza e lasciavano impronte nel cemento come nella terra fresca.

E gli occhi rossi del rettiliano alato fissavano malevoli Carson. “Se vuoi, piccola scimmia, Raptor ti troverà una bara!”